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Pangea – Mese Missionario Straordinario

18 Nov, 2019

COOPERATIVA SOCIALE PANGEA INTERVENTO 27.10.2019

 

Il nostro coinvolgimento nell’accoglienza straordinaria nasce da un’esperienza ben più grande della realtà che oggi sono onorato di rappresentare come Presidente della Cooperativa sociale Pangea ovvero quella della rete del Consorzio di Cooperative sociali Archè di Siena, che dei temi della marginalità e dell’accoglienza più in generale, in linea con i principi della dottrina sociale cristiana, si è fatto portavoce in questi decenni con forza ed impegno nella nostra Provincia.

Dopo piccoli progetti di cooperazione internazionale degli anni 2008/2010, nel 2011 arriva per il Consorzio Archè la prima importante esperienza di accoglienza data dall’ emergenza nord-africa mentre nel 2013 inizia quella che poco più tardi verrà definita crisi europea dei migranti”, quando un numero sempre più crescente di rifugiati e migranti inizia ad arrivare nei nostri territori. Come noto, nel 2014 questo fenomeno inizia ad interessare sempre di più anche il nostro territorio ed il Consorzio Archè decide di mettere a disposizione risorse umane e competenze professionali per rispondere a questo nuovo e complesso bisogno della persona. Inizia così una stretta e reciproca collaborazione con la Prefettura di Siena per affrontare e gestire quella che inizialmente si presentava come una vere a propria “emergenza”.

E’ apparso sin da subito chiaro che il fenomeno migratorio del 2014 non si sarebbe esaurito nei tempi della precedente esperienza e che quindi sarebbe stato necessario  creare un sistema sempre più qualificato e strutturato. Sono emerse immediatamente alcune specificità che dovevamo considerare per poter rispondere con efficacia ed efficienza e proporre un intervento di aiuto adeguato, laddove non vi erano delle best practices a cui guardare, né competenze specifiche da mettere in campo, né linee guida a cui far riferimento.

 

Consapevoli del ruolo e degli impegni istituzionali assunti nel dover dare risposte ai complessi bisogni delle persone che venivano accolte presso i nostri primi centri di accoglienza, nasce un anno dopo (settembre 2015)  la cooperativa sociale Pangea con lo scopo di creare un soggetto che potesse specializzarsi nell’asse marginalità del Consorzio Archè, valorizzando al tempo stesso la rete delle Cooperative socie del Consorzio (Emmaus, Puntoacapo, Servizio e Territorio ed il Santo) che sino ad allora, con grande dedizione, si erano impegnate nel cercare di dare risposte ai bisogni delle persone accolte.

La Cooperativa Pangea nasce ispirandosi ai principi che sono alla base del movimento cooperativo mondiale ed in relazione ad essi agisce. I principi cardine di riferimento sono quelli della mutualità, interna ed esterna (art. 1 della legge 381 del 1991: “le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”), della solidarietà, della democraticità, dell’impegno, dell’equilibrio delle responsabilità rispetto ai ruoli, dello spirito comunitario e del legame con il territorio in cui opera. Si ispira inoltre ai principi dell’uguaglianza e della pari dignità di ogni essere umano sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948.

 

Così, come sempre accade per i soggetti del terzo settore, abbiamo raccolto questa nuova “sfida”, certi che da un nuovo bisogno specifico della persona potessero nascere risposte qualificate e nuove opportunità lavorative per la base sociale della Cooperativa.

Abbiamo messo in campo tutte le esperienze della nostra rete, che da sempre è stata la nostra forza, ma soprattutto abbiamo iniziato un lavoro per coinvolgere “la società civile”, i servizi pubblici, soprattutto quelli socio-sanitari e le altre realtà del terzo settore, in particolare le organizzazioni di volontariato (Auser di Siena e non solo) che, specialmente nei nostri territori, sono il principale strumento di inclusione e di integrazione sociale.

Vista la complessità delle risposte che dovevamo dare, abbiamo creato un modello organizzativo complesso, caratterizzato da una direzione e da referenti per le aree legale, formazione/lavoro, vulnerabilità e mediazione linguistica, che ha dato origine, tra le altre cose, ad un’équipe multidisciplinare composta da operatori sociali e figure trasversali in collaborazione con professionisti qualificati quali l’etno-psicologo, i mediatori linguistico culturali ed avvocati specializzati in materia di immigrazione.

Gli anni dal 2015 al 2017 erano tempi in cui non vi erano linee sui servizi da offrire, né erano richieste professionalità specifiche, ma sapevamo che il lavoro con la persona prevede il riconoscimento delle sue peculiarità ed un ascolto attivo (prassi trasferiteci dall’esperienza ventennale delle cooperative sociali di tipo A del Consorzio Archè).

A titolo di esempio, il servizio di supporto psicologico non era previsto dai primi capitolati di appalto, ma come non pensare che fosse necessario a fronte alle storie che ci venivano raccontate dalle donne e dagli uomini che arrivano nei nostri centri? Volevamo comprendere e dare comprensione, riconoscere la persona come portatore di bisogni, ma anche di valore.

Abbiamo dovuto lavorare e specializzarci nella mediazione linguistica, molti migranti non parlavano una lingua veicolare, ma per gran parte di loro l’idioma del paese di origine era l’unica forma di comunicazione conosciuta. A Siena e dintorni trovare persone che parlassero wolof, soninkè, igbo, mandinga… era pressoché impossibile, ma invece di pensare che fosse l’ennesimo problema abbiamo letto questa necessità come un’occasione, anche di lavoro, per alcuni dei nostri primi ospiti e non solo (formazione dei migranti ed impiego, se pur occasionale, nelle cooperative che fornivano servizi di mediazione linguistica culturale).

 

Abbiamo investito e promosso un modello di accoglienza integrata e diffusa su centri di dimensioni ridotte e distribuiti su tutto il territorio provinciale, consapevoli che per dare davvero opportunità di inserimento e di inclusione, sia sul piano lavorativo che sociale, non era possibile sovraccaricare i territori e le comunità. Per noi era necessario il coinvolgimento di tutta la società civile e la creazione di un sistema di responsabilità condivisa quale chiave per la coesione e per la sicurezza sociale, in linea con le linee guida della Regione Toscana.

Il nostro lavoro sull’accoglienza straordinaria ha certamente avuto come primo obiettivo quello di supportare il richiedente rispetto alla procedura di asilo, al fine dell’ottenimento della protezione, ma abbiamo anche ritenuto indispensabile creare le condizioni per il raggiungimento di un’autonomia socio-economica.

La mission principale del nostro modello di accoglienza è sempre stata l’inclusione socio lavorativa, sia in ambiente protetto che non protetto.

Ci siamo da subito posti il problema di come riconoscere le competenze e le esperienze che i migranti portavano con sè, il cd “bagaglio culturale” (analisi delle competenze) che dovevano essere in qualche modo riconosciute, anche se, per il nostro sistema, sul piano formale era e rimane ancora piuttosto complesso. Parliamo ad esempio dell’equipollenza e del riconoscimento dei titoli di studio, ma soprattutto parliamo di sistemi culturali così diversi che anche le esperienze lavorative pregresse sono difficili da comparare e da riportare nei nostri sistemi economico-produttivi.

Abbiamo compreso come l’acquisizione di un minimo di integrazione linguistica fosse il primo passaggio obbligatorio per l’inclusione lavorativa a cui puntavamo.

Abbiamo codificato un “progetto di accompagnamento e avvio al lavoro” il cd Pangea Paal un progetto a “filiera” che conducesse ad un percorso di inserimento lavorativo del migrante accolto.

Abbiamo investito sull’acquisizione di titoli linguistici minimi (certificazione linguistica livello A1 e A2), all’inizio beneficiando del supporto di alcuni volontari e successivamente prevedendo in organico due insegnanti di lingua con esperienza di insegnamento presso l’Università per Stranieri di Siena.

 

La promozione della partecipazione ai progetti di volontariato andava spesso di pari passo, perché permetteva agli ospiti di crearsi una piccola rete informale, ma soprattutto forniva loro l’opportunità di confrontarsi, sia con la comunità territoriale di riferimento, sia con la lingua.

Prendendo spunto dalle nostre cooperative di inserimento lavorativo, il passaggio successivo è stata la formazione professionale, anche “on the job”, facendoci promotori di progetti-lavoro. Non possiamo non citare l’esperienza dell’“Orto Buono” con l’azienda agricola di San Giusto a Rentennano che ci è valsa il riconoscimento della Regione Toscana quale esempio di buona pratica per l’accoglienza, o i percorsi di accompagnamento al lavoro nel settore delle manutenzioni, dei servizi ambientali e della ristorazione, ambiti che ancora oggi vedono impiegati ex ospiti dei nostri centri di accoglienza.

 

Dal 2018 questi servizi sono diventati obbligatori per chi forniva una prima accoglienza convenzionata. Questo ci ha dato la possibilità solo di certificare e rendere formale la strada che in qualche modo avevamo intrapreso da tempo. Abbiamo trovato nuovi spazi di dialogo con i soggetti pubblici, ma anche del privato, sociale e non. È iniziata una stretta collaborazione con i Cpia territoriali e con i Centri per l’impiego, con gli Istituti tecnici e le agenzie di formazione della nostra provincia.

I risultati per il nostro modello di accoglienza non si sono fatti attendere, con un’occupazione dei nostri accolti ogni anno sempre più alta. Inutile dire che essere inseriti nel mondo del lavoro ha inciso positivamente sul benessere generale dei richiedenti, ma anche degli operatori sociali della Cooperativa, nonché sulla percezione generale del residenti in cui i centri sono stati aperti. È stato per noi e per i nostri ospiti un crescendo di speranza e soddisfazione.

Per dare due numeri, Pangea ha messo a disposizione mediamente circa 200/220 posti per l’accoglienza dei migranti sul territorio provinciale, con centri nei comune di Abbadia San Salvatore, Asciano, Castiglione d’Orcia, Castelnuovo Berardegna, Colle di Val D’Elsa, Gaiole in Chianti, Monteriggioni, Piancastagnaio, Siena e Sovicille, accogliendo prevalentemente richiedenti di sesso maschile, ma anche circa 20 donne, altrettanti msna (minori stranieri non accompagnati) e 5 nuclei familiari di cui molti in situazioni di vulnerabilità certificata, sia fisica che soprattutto psicologica.

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In un contesto mediatico di demonizzazione in cui è stata relegata la cooperazione sociale nell’ultimo anno e in un clima di conflittualità sociale tra persone in stato di bisogno alimentato dalla paura, alla fine dell’anno 2018 arriva il d.l. 113 del 2018 con il quale  è stato del tutto demolito il modello di accoglienza diffusa e, con esso, sono state cancellate le attività professionali finalizzate all’integrazione delle persone accolte.

Le ore di assistenza psicologica, rivolte a persone che nella maggioranza dei casi hanno subito torture e abusi indicibili nei “lager” libici, sono state quasi del tutto azzerate, azzerati totalmente i corsi di italiano (il primo tassello dell’integrazione), più che dimezzati i servizi di mediazione culturale e le ore di assistenza legale o di informazione sui diritti dei richiedenti asilo, servizi indispensabili anche solo per presentarsi e rappresentare il proprio caso di fronte alla Commissione territoriale che decide sul riconoscimento dello status di rifugiato nelle sue diverse forme. È stata infine tagliata ogni possibilità di formazione, compresa ovviamente quella mirata all’inserimento lavorativo.

 

Paradossalmente e non casualmente, a fronte della riduzione dei contributi per l’accoglienza, il prezzo minore viene pagato dai centri di grandi dimensioni, proprio quelli dove, in passato, si sono verificati malversazioni ed abusi sui diritti delle persone. Nei centri di accoglienza fino a 300 posti, infatti, i tagli complessivi sono stati del 28%, a fronte di quasi il 40% per i piccoli appartamenti di accoglienza della nostra cooperativa.

Siamo passati da un modello di accoglienza diffusa, recepita dai bandi di gara della Prefettura di Siena, che tra le altre cose per il 2018 ha ottenuto importanti riconoscimenti a livello nazionale, ad un modello di grandi centri di accoglienza con minori elementi di integrazione. Basta considerare che anche il medico, secondo i nuovi capitolati di gara per l’anno 2019/2020, sarà in organico presso il soggetto gestore, considerando forse anche questa come un’occasione di integrazione con l’esterno del migrante accolto.

Per le caratteristiche strutturali dei nostri piccoli centri di accoglienza, la prevalente funzione sarebbe stata quella di una puntuale sorveglianza e controllo degli ospiti accolti, riconoscendoci tra l’altro solo risorse finalizzate alla copertura dei costi diretti della componente immobiliare (locazione, utenze e manutenzione degli immobili) e per il vitto delle persone accolte, senza nessuna risorsa da destinare alle attività di integrazione, finalizzate a dare risposte professionali e sistematiche a persone con specifici e complessi bisogni.

 

Malgrado le sollecitazioni istituzionali, l’assemblea dei soci della cooperativa nel marzo del 2019 ha stabilito l’indirizzo di non partecipare alle nuove procedure di gara per l’anno 2019/2020, deliberando, con grande sacrificio, di accettare la proroga in rinegoziazione proposta dalla Prefettura di Siena fino al 30 giugno 2019, che di fatto è stata costretta a recepire il nuovo modello di accoglienza del d.l. 113 del 2018. L’accettazione della proroga, per quanto ci ha riguardato,  era finalizzata a dare ancora una volta attenzione alla persona. Ci ha permesso infatti di facilitare un’eventuale fuoriuscita degli ospiti, portare a conclusione il percorso di preparazione in vista delle audizioni in commissione (in programma entro fine giugno 2019) e soprattutto trovare una sistemazione alloggiativa per quegli utenti impegnati in una prima fase del percorso di inserimento al lavoro. Al tempo stesso, abbiamo cercato di dare il tempo alle istituzioni ed al territorio di riferimento per far fronte ad un nostro significativo disimpegno, considerato che Pangea garantiva la risposta ai bisogni di prima accoglienza per circa il 30% del totale del fabbisogno provinciale.

Da qui è seguita la necessità di dover affrontare la complessa e destabilizzante fase di chiusura di gran parte dei centri di accoglienza avviata nei mesi di luglio ed agosto, oltre che la complessa e dolorosa  procedura di licenziamento collettivo per molti lavoratori dipendenti, soci della Cooperativa, che nostro malgrado ad oggi non siamo stati in condizione di poter reimpiegare nei servizi alla persona, nonostante il supporto della rete delle Cooperativa Sociali del Consorzio Archè.

Concludendo, preme infine segnalare che ad oggi la Cooperativa Pangea, pur a regime ridotto visto che garantisce occupazione è tre unità lavorative, è impegnata nell’accoglienza di secondo livello:

  1. a) con la Società della Salute Senese dal mese di luglio 2019 nella gestione del primo centro ex Sprar (ora Siproimi – Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori non accompagnati) per msna della Provincia di Siena, gestendo due appartamenti per complessivi 12 posti nel Comune di Sovicille;
  2. b) con l’Arcidiocesi, con la Caritas diocesana e non solo, in un progetto sperimentale di cohousing sociale presso gli appartamenti di Tolfe e Santa Petronilla con la speranza che possa rappresentare una ulteriore ai migranti integrati lavorativamente ma che ancora hanno difficoltà ad avere una piena integrazione abitativa nel nostro territorio.

In sintesi, pur apprezzando il valore aggiunto di un’accoglienza caritatevole e promuovendola in linea con i principi della dottrina sociale cristiana, Pangea nel corso della sua esperienza ha maturato la consapevolezza che un’accoglienza finalizzata a dare risposte in termini di integrazione non possa prescindere dall’impiego delle più qualificate professionalità, e pertanto da un’equa e congrua remunerazione di tutti i fattori produttivi impiegati nel dare risposta ai bisogni della persona.

 

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